Guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti

Il reato

La guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti è prevista come reato dall’art. 187 Codice della Strada, che punisce il conducente con l’ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l’arresto da sei mesi ad un anno (pena raddoppiata se viene provocato un incidente o aumentata da un terzo alla metà per determinate categorie di conducenti).

All’accertamento del reato consegue, in ogni caso, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni (periodo raddoppiato se il veicolo appartiene a persona estranea al reato) o la revoca se viene provocato un incidente.

Gli elementi oggettivi del reato: l'assunzione e lo stato di alterazione psico-fisica

Nel nostro Paese non esistono valori soglia di concentrazione ematica di THC o di altri cannabinoidi al di sopra dei quali si possa stabilire, in termini giuridici, la “guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope”, come avviene, invece,  per l’alcol etilico.

Il che appare del tutto corretto, dal momento che è sconsigliabile valutare e predire una condizione di effetto biologico, come lo stato di alterazione psico-fisica, sulla base della sola concentrazione ematica di una sostanza. Differenze interindividuali nelle risposte comportamentali e/o il possibile sviluppo di una tolleranza alla sostanza precludono la definizione di una soglia di concentrazione ematica di THC che sia attendibilmente predittiva di una condizione di alterazione psico-fisica.

Studi di tossicologia, infatti, hanno evidenziato come non sia possibile individuare una chiara relazione tra concentrazione ematica di THC e stato di alterazione

Affinché possa dirsi consumato il reato non è sufficiente che il conducente, dunque, si metta alla guida dopo aver assunto sostanza stupefacente, la quale, come noto, può restare diversi giorni nel sangue e nelle urine dal momento in cui è consumata, ma è necessario che tale assunzione abbia causato un’alterazione psico-fisica, tale da determinare una compromissione del rapporto tra i processi psichici e le reazioni fisiche del conducente.

Mentre lo stato di assunzione emerge dalle analisi sui liquidi biologici, ai quali il conducente deve sottoporsi laddove le Forze dell’Ordine abbiano motivo di dubitare di un consumo di stupefacenti, lo stato di alterazione deve essere parimenti riscontrato in modo oggettivo da sintomi che caratterizzano il conducente, rilevabili in prima battuta dagli agenti operanti che eseguono il controllo su strada e, in seguito, eventualmente dai sanitari.

«… la condotta tipica del reato previsto dall’art. 187 C.d.S., commi 1 e 2, non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione e pertanto, perché possa affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato di alterazione causato da tale assunzione (cfr. questa sez. 4, n. 33312 dell’8.7.2008, Gagliano, rv. 241901). Questa Corte di legittimità, pertanto, ha da tempo chiarito che, mentre per la sussistenza del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente la prova sintomatica dell’ebbrezza o che il conducente abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nel comma secondo dell’art. 186 cod. strada, per la configurabilità del reato “ex” art. 187 C.d.S., è necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psico-fisica» (Cass. sez. IV, 14/01/2016, n. 3623).
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