La coltivazione di sostanza stupefacente

Il problema della coltivazione per uso esclusivamente personale

La coltivazione di piante dalle quali si estrae sostanza stupefacente è prevista come reato dall’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 (Testo Unico sugli stupefacenti).

Si è, tuttavia, a lungo discusso sulla rilevanza penale della coltivazione di cannabis per uso esclusivamente personale.

Al riguardo va ricordato che la detenzione di sostanza stupefacente per uso esclusivamente personale è qualificata espressamente come illecito amministrativo dall’art. 75 del d.P.R. n. 309/1990: la ratio della normativa è quella di punire lo spacciatore e di rieducare il consumatore che, pertanto, non può essere assoggettato a sanzione penale. La cintura protettiva, un tempo segnata dalla “modica quantità”, poi dalla “dose media giornaliera” è oggi, invece, caratterizzata dall’uso esclusivamente personale.

 La condotta di coltivazione, tuttavia, non è inserita nell’elenco delle condotte dell’art. 75, per cui, a prescindere dall’uso personale, essa sarebbe sempre e comunque punita dall’art. 73.

L’indirizzo giurisprudenziale piu’ rigoroso: la coltivazione e’ sempre da punire

L’interpretazione più rigorosa è stata avallata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione nel 2008 (sent. n. 28605) secondo le quali:
«la coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti o psicotrope è un reato di pericolo astratto per la cui configurabilità non rilevano la qualità e la quantità delle piante (ossia la loro effettiva tossicità ovvero la quantità di sostanza drogante da esse estraibile, assumendo tali elementi rilievo solo ai fini della gravità del reato) né l’eventuale destinazione ad uso personale, dal momento che né in base alla ratio, né in base alla lettera della norma incriminatrice è dato distinguere tra varie tipologie di coltivazione, sicché il reato sussiste anche se la coltivazione mira a soddisfare le esigenze di approvvigionamento personale, in ragione della idoneità della condotta ad accrescere il pericolo di circolazione e diffusione delle sostanze stupefacenti e ad attentare al bene della salute con incremento delle occasioni di spaccio».
Argomenti correlati

Il fatto di lieve entità nei reati in materia di stupefacenti

La particolare tenuità nel reato di coltivazione di sostanza stupefacente

La coltivazione di cannabis a scopo terapeutico

In evidenza
In altre parole, secondo questo indirizzo, la destinazione ad uso personale non può assumere alcun rilievo, sia perché difetta il nesso di immediatezza della coltivazione con l’uso personale – a differenza della condotta detentiva rispetto alla quale, proprio per questo motivo, è certamente più pericolosa – sia perché non può determinarsi a priori la potenzialità della sostanza stupefacente ricavabile.

Il differente trattamento riservato alla coltivazione rispetto alla mera detenzione si fonda, anzi, proprio sulla valutazione di maggiore pericolosità ed offensività insita nell’essere la coltivazione, la produzione e la fabbricazione di sostanze stupefacenti (sempre penalmente sanzionate ancorché non qualificate da una precisa finalità di commercio) attività che sono tutte rivolte alla creazione di nuove disponibilità, con conseguente (immanente) pericolo di circolazione e diffusione delle droghe nel territorio nazionale e rischio per la pubblica salute e incolumità.

Ai fini della punibilità della coltivazione, l’offensività della condotta consiste nella sua idoneità a produrre la sostanza per il consumo, sicché non rileva la quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, ma la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente, nell’obiettivo di scongiurare il rischio di diffusione futura della sostanza stupefacente.

Non sussiste reato se la coltivazione non puo’ produrre sostanza drogante

Secondo la tesi sostenuta nel 2008, soltanto se dalla piantagione non è possibile estrarre alcun principio drogante non sussisterebbe il reato, in ossequio al principio di offensività (Corte cost., 24 luglio 1995, n. 360). Si deve trattare di un’impossibilità assoluta a produrre sostanza drogante, per la quale deve tenersi in conto anche la previsione di ulteriori sviluppi della pianta. Sicché, non rileva il momento del controllo da parte delle Forze dell’Ordine e, dunque, il momento di maturazione della pianta, bensì l’astratta idoneità a generare sostanza stupefacente.
Ciò può accadere se ricorre: a) un’attuale inadeguata modalità di coltivazione da cui possa evincersi che la pianta non sarà in grado di realizzare il prodotto finale; b) un eventuale risultato finale della coltivazione che non consenta di ritenere il raccolto conforme al normale tipo botanico, ovvero abbia un contenuto in principio attivo troppo povero per la utile destinazione all’uso quale droga.

L’indirizzo giurisprudenziale piu’ garantista: la coltivazione ad uso esclusivamente personale non e’ punibile (a certe condizioni)

Già prima dell’intervento delle Sezioni Unite del 2008, la Corte costituzionale intervenne sul tema sia nel 1994, sia nel 1995, invitando il giudice di merito ad identificare in termini più o meno restrittivi la nozione di “coltivazione «che, sotto altro profilo, incide anch’essa sulla linea di confine del penalmente illecito», con l’espresso richiamo ad “una esegesi adeguatrice”, valutando se «l’operata depenalizzazione della condotta di chi … comunque detiene sia già interpretativamente estensibile alle condotte di chi coltiva e fabbrica».

La decisione delle Sezioni unite, interpretando la condotta non offensiva soltanto laddove la stessa non sia in grado di produrre sostanza drogante, ha equiparato di fatto il principio di offensività alla figura del reato impossibile, escludendo in radice la possibilità di vagliare se, in base alle circostanze del caso concreto, non sia ragionevole escludere il pericolo di cessione dello stupefacente con incremento del mercato.

I beni giuridici tutelati dall’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, infatti, sono rappresentati dall’ordine pubblico e dalla salute collettiva, sicché la coltivazione evidentemente a scopo personale, dovrebbe essere giudicata inoffensiva, ancorché in grado di produrre sostanza stupefacente, poiché inidonea a rappresentare un concreto pericolo di aumento di disponibilità dello stupefacente e di ulteriore diffusione dello stesso.

Tali argomentazioni si sono fatte via via breccia nella giurisprudenza di vertice, costretta nel 2019 (sent. n. 12348) a riunirsi nuovamente a Sezioni Unite, che rimeditò l’orientamento inaugurato nel 2008.

Muovendo dal compito del giudice di dover “interpretare in termini più o meno restrittivi la nozione di coltivazione” – così come indicato dalla giurisprudenza costituzionale – le Sezioni unite hanno fornito un’interpretazione restrittiva della fattispecie penale «che si giustifica tanto più per la sua natura di reato di pericolo presunto, nell’ottica garantista di un corretto bilanciamento fra ampiezza e anticipazione della tutela».

Del resto l’offesa ai beni giuridici tutelati (ordine pubblico e salute collettiva) implica la necessità di vagliare se la condotta coltivativa abbia l’idoneità di incrementare il mercato, talché, in ipotesi di coltivazione domestica di minime dimensioni intrapresa con l’intento di soddisfare esigenze di consumo personale, l’offesa manca del tutto.

La prevedibilità della potenziale produttività è, quindi, uno dei parametri che permettono di distinguere fra la coltivazione penalmente rilevante, dotata di una produttività non stimabile a priori con sufficiente grado di precisione, e la coltivazione penalmente non rilevante, caratterizzata da una produttività prevedibile come modestissima. Si tratta, però, di un parametro che, per poter operare con sufficiente certezza, deve essere ancorato a presupposti oggettivi – in parte già individuati dalla giurisprudenza – che devono essere tutti compresenti, quali: la minima dimensione della coltivazione, il suo svolgimento in forma domestica e non in forma industriale, la rudimentalità delle tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, la mancanza di indici di un inserimento dell’attività nell’ambito del mercato degli stupefacenti, l’oggettiva destinazione di quanto prodotto all’uso personale esclusivo del coltivatore.

La circostanza, invece, che la coltivazione sia intrapresa con l’intenzione soggettiva di soddisfare esigenze di consumo personale deve essere ritenuta da sola insufficiente ad escluderne la rispondenza al tipo penalmente sanzionato, perché la stessa deve concretamente manifestare un nesso di immediatezza oggettiva con l’uso personale.

Gli argomenti del più recente indirizzo pretorio hanno sostanzialmente riqualificato il reato di coltivazione in reato di pericolo “concreto”, essendo richiesto al giudice di verificare che il fatto abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene-interesse tutelato.

Abbiamo l'esperienza di cui hai bisogno

Pubblicazioni

Nel vasto oceano delle informazioni, cerchiamo di offrire sintesi e verità. L'avvocato ha il dovere di confrontarsi con la società, di ascoltare i bisogni e gli interessi dell'altro, nella convinzione che il diritto è in continuo divenire e che il suo lavoro, anzi, partecipa e promuove la sua evoluzione. Con questo spirito ci mettiamo in [...]

Contatti

In caso di urgenza contattaIn caso di urgenza chiama: Avv. Claudio Miglio +39 347 1178865 Avv Lorenzo Simonetti +39 345 3323883 ContattaciOperiamo in tutta Italia. In caso di necessità, compila il modulo di contatto, specificando il tuo nome, un recapito ed una breve descrizione della questione che ti preoccupa. Ti risponderemo il prima possibile. Se [...]

Lo Studio

La nostra Storia Lo Studio degli avvocati Claudio Miglio e Lorenzo Simonetti nasce nel 2011, quando – quasi appena avviati alla professione – si trovarono ad assistere un giovane, affetto da grave patologia, “colpevole” di coltivare sostanza stupefacente di tipo marijuana a scopo terapeutico.  Il patrocinio in quel giudizio ha aperto la passione per l’avvocatura, [...]

La nostra tutela

Lo Studio è impegnato da anni ad assistere coloro che si trovano coinvolti in reati in materia di stupefacenti. Una legislazione poco chiara, unitamente al pregiudizio verso qualsiasi tipo di consumo sono il motivo di tantissimi processi dove ad essere imputato non è lo spacciatore. Vorremmo dire anche a coloro che sono contrari ad una [...]

Home

Il denaro rinvenuto assieme allo stupefacente può essere sequestrato? Leggi l'articolo Leggi l'articolo Sequestro di cannabis light: la Cassazione continua ad affermare che senza analisi disponibili è legittimo il vincolo cautelare Leggi l'articolo La commercializzazione delle infiorescenze di Cannabis light Leggi l'articolo Alcune riflessioni sul sequestro di Cannabis light Leggi l'articolo La scelta del rito [...]

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: