Il militare che fa uso di cannabis light va contro i principi dell’arma: la bizzarra decisione del Consiglio di Stato
Nota a Cons. St., 20 dicembre 2021, n. 8439
Il caso
L’ appuntato L., risultato positivo ad accertamento tossicologico, veniva rimosso con provvedimento disciplinare dal suo grado e, conseguentemente, iscritto nei ruoli di truppa senza riconoscimento di alcun titolo.
Nel corso del giudizio disciplinare l’appuntato aveva ammesso di avere fatto uso del tutto sporadico di cannabis light regolarmente acquistata presso un esercizio commerciale, in concomitanza con un particolare stato di stress emotivo dovuto alla vicende familiari, in particolare per i contenziosi giudiziari con la ex moglie e la ex compagna per l’affidamento dei figli e per le relative condizioni.
Secondo la Commissione di disciplina la misura sanzionatoria appariva giustificata poiché il comportamento del militare aveva leso i «principi di moralità e rettitudine che devono improntare l’agire di un militare», con i «doveri attinenti al giuramento prestato e a quelli di correttezza e di esemplarità propri dello status di militare e di appartenenza all’Arma dei carabinieri nonché lesivo del prestigio della istituzione. La condotta accertata è, altresì, deontologicamente censurabile in relazione alla ricezione a qualsiasi titolo di sostanza stupefacente, condotta attraverso cui il militare ha direttamente favorito l’attività delittuosa del traffico di stupefacenti, rendendosi in tal modo incompatibile con l’esercizio delle delicate funzioni svolte dall’Arma dei Carabinieri, impegnata prioritariamente in compiti di prevenzione e repressione dei fenomeni criminosi anche connessi alla droga».
I fatti erano ritenuti «di rilevanza tale da richiedere l’applicazione della sanzione disciplinare massima di stato».
Avverso tale provvedimento il militare proponeva ricorso al T.A.R. censurando la circostanza che egli avesse avuto contatti con persone della criminalità e dedite allo spaccio di stupefacenti, avendo acquistato la cannabis light presso un esercizio commerciale. Inoltre, l’appuntato lamentava la violazione del principio di proporzionalità nella irrogazione della sanzione, non essendo giustificata la sanzione massima della perdita del grado per rimozione, in relazione alla particolarità della situazione concreta e tenuto conto dello stato di servizio del militare e degli encomi ricevuti.
Il T.A.R. accoglieva il ricorso, ritenendo non provati i rapporti con il mercato illecito degli stupefacenti e rilevando comunque la sussistenza della violazione del principio di proporzionalità della misura irrogata, non avendo l’appuntato posto in essere alcuna condotta penalmente rilevante.
La decisione
Il Consiglio di Stato, a cui faceva ricorso il Ministero, ha confermato con la sentenza in rassegna l’irragionevolezza della sanzione disciplinare a fronte del comportamento assunto dell’appuntato, ma ha corretto parte della motivazione del T.A.R. rilevando che, anche se si era trattato di cannabis light, ciò «non potrebbe comunque di per sé scriminare il comportamento dell’uso di una sostanza che, anche se con limitati effetti stupefacenti, comunque appare lesivo del prestigio dell’Arma dei carabinieri e incompatibile con le funzioni svolte».
I Giudici di Palazzo Spada, pur richiamando in astratto il giusto principio per cui «l’accertata assunzione di sostanze stupefacenti, anche occasionale ed episodica, da parte di un carabiniere determina una frontale ed eclatante violazione dei doveri di correttezza e di lealtà dallo stesso assunti con il giuramento», non sembra abbiano colto la particolarità del caso alla loro attenzione: affermando che il comportamento del militare, a prescindere dall’efficacia drogante della sostanza, comunque ha costituito violazione dei doveri del proprio status, hanno inteso la cannabis light come fosse stupefacente palesando un pregiudizio ideologico di fronte al quale molte volte noi avvocati dobbiamo scontrarci.
Se, infatti, la più accreditata tossicologia afferma che la cannabis light non è idonea a produrre alcun effetto drogante (anzi, è estremamente lontana dal farlo), dov’è il pericolo per il militare (o per chiunque) di avere un’alterazione psico-fisica derivante dalla sua assunzione? Probabilmente il Collegio giudicante ha ignorato che il consumo di due bicchieri di vino – anche se non provocano ubriachezza – alterano di più rispetto al consumo della cosiddetta cannabis light.
La vicenda dimostra tristemente il tabù che ruota attorno al tema della cannabis.
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