Il fatto di lieve entità nei reati in materia di stupefacenti

Uno sguardo d’insieme: la funzione del V comma dell'art. 73 d.P.R. 309/90

Nel nostro ordinamento le condotte volte alla circolazione e produzione, in qualunque modo, di sostanza stupefacente sono sanzionate dall’art. 73 del Testo Unico n. 309/90 con la reclusione da otto a vent’anni, per le droghe pesanti e da due a sei anni, per le droghe leggere.

Il severo trattamento sanzionatorio è apparso allo stesso legislatore irragionevole in tutte quelle ipotesi in cui le condotte vietate risultino caratterizzate da una lieve offfensività, ossia appaiano in concreto poco allarmanti e pericolose agli occhi dell’ordinamento.

Proprio per evitare in tali casi una pena detentiva ingiusta, è stato introdotto il comma quinto nell’art. 73, che prevede sanzioni meno afflittive per quelle condotte illecite – sia che riguardino droghe pesanti, sia che riguardino droghe leggere – che siano lievi in relazione “ai mezzi, alle modalità o alle circostanze dell’azione, ovvero alla qualità o quantità delle sostanze consumate”.

Attraverso il menzionato intervento legislativo, quindi, l’ordinamento ha posto una differenziazione tra le condotte criminose più gravi (art. 73 comma I e comma IV), per le quali risulta giustificato l’applicazione di sanzioni fortemente restrittive della libertà personale e quelle che, alla luce di determinati indici, sono meritevoli di beneficiare, invece, di una riduzione di pena, da sei mesi a quattro anni (art. 73, comma V).

In quali ipotesi, dunque, una condotta delittuosa concernente gli stupefacenti potrà dirsi di lieve entità?

Gli elementi costitutivi del V comma dell'art. 73 d.P.R. 309/90

Quantità e qualità delle sostanze stupefacenti

Non può negarsi che, tra i criterî di valutazione della sussistenza di un fatto lievemente offensivo in materia di stupefacenti, rilevi in via principale la quantità della sostanza detenuta.

Laddove, infatti, la quantità sia ingente, è preclusa alla difesa la possibilità di ricondurre l’azione dell’assistito nell’alveo della lieve entità.

Il superamento della soglia di un determinato quantitativo di sostanza drogante detenuta diviene, nella valutazione del giudicante, un dato preclusivo al riconoscimento del fatto di lieve entità, con conseguente svalutazione di ogni altro elemento (tra le tante, cfr. Cass. n. 46495/2017).

Il cosiddetto dato ponderale, infatti, è idoneo a manifestare un rilevante allarme sociale, considerato assorbente rispetto agli altri indici che tratteremo in seguito.

Il dato quantitativo è rimesso alla disamina dell’organo giudicante che dovrà constatare se la quantità e qualità della sostanza posseduta possa dirsi di lieve entità anche in relazione al luogo ove il fatto è stato commesso, al mercato della droga di quel determinato territorio ed al rischio di diffusività.

Nel giudizio di valutazione del fatto di lieve entità gioca un ruolo fondamentale anche la qualità della sostanza detenuta. Ove il grado di tossicità sia elevato, infatti, è maggiore il pericolo di diffusività della stessa a cagione della possibile suddivisione della sostanza in un numero maggiore di dosi.

L’elemento della qualità può essere rilevato sia attraverso gli esami tossicologici, sia in via indiretta, in relazione, ad esempio, al prezzo pattuito per la vendita della merce.

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I mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione
Oltre alla quantità e alla qualità della sostanza psicotropa, il legislatore ha disposto la valutazione di ulteriori indici ai fini del giudizio di lieve entità del fatto contestato: i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione.

Giova premettere che con il termine “mezzi e modalità dell’azione”, il Testo Unico Stupefacenti fa riferimento ad elementi di natura oggettiva, ascrivibili alla dinamica fattuale contestata, quali, ad esempio, il carattere rudimentale dei mezzi utilizzati per porre in essere la condotta criminosa, il numero dei soggetti coinvolti, l’inserimento dell’azione in contesti illeciti più ampi.

Che ruolo giocano, invece, le caratteristiche soggettive dell’imputato?

A differenza dei primi due criterî, l’elemento costituito dalle “circostanze dell’azione” involge anche la sfera personale dell’imputato.

L’analisi globale della fattispecie sottoposta all’attenzione del giudicante non può, dunque, ignorare elementi di natura soggettiva, riconducibili al movente o all’ambiente socio-culturale di provenienza.

In relazione allo status di incensuratezza, ad esempio, la mancanza di precedenti ascrivibili all’imputato potrebbe denotare un minor inserimento del reo nel tessuto criminoso e, per tal ragione, può giustificare l’applicazione di una sanzione meno afflittiva.

Anche la non episodicità del fatto non esclude di per sé l’applicazione del comma quinto laddove rilevi, ciononostante, la lieve entità della condotta a seguito di una valutazione globale degli indici caratterizzanti la condotta.

Occorre, in conclusione, portare nel paniere degli elementi a disposizione del giudice tutte quelle circostanze (oggettive e soggettive) in grado di mostrare la concreta lieve offensività del fatto anche in quei casi in cui vengano contestate circostanze aggravanti e anche laddove la condotta illecita abbia ad oggetto diverse qualità di stupefacenti.

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