Il denaro rinvenuto assieme allo stupefacente può essere sequestrato?

La necessità di un'attenta verifica delle carte di indagine

Capita spesso di leggere verbali di perquisizione e sequestro – poi convalidati dal P.M. – che, assieme allo stupefacente rinvenuto, indicano anche il denaro quale “corpo del reato e comunque cosa pertinente all’accertamento del reato per cui si procede”.

È diffusa, infatti, la credenza per cui, in presenza di sostanza stupefacente, l’eventuale somma di denaro rinvenuta presso l’abitazione dell’indagato che non ne possa dimostrare la provenienza debba essere sequestrata senza l’esplicitazione delle ragioni sottostanti, in quanto considerata ragionevolmente profitto del reato di spaccio. In questi casi il sequestro rivestirebbe per ciò stesso una implicita ed ovvia funzione probatoria.

Tuttavia, poiché il sequestro probatorio ha la funzione di conservare per il prosieguo del giudizio le prove utili all’accusa e non, come nel sequestro preventivo, il fine di sottrare all’indagato la disponibilità di beni di provenienza illecita, occorre chiedersi “a cosa serva il denaro ai fini della prova della detenzione a fini di spaccio”.

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In disparte il profilo motivazionale per cui il P.M. – a pena di nullità – anche per le cose che costituiscono corpo di reato deve spiegare quale sia la finalità probatoria per l’accertamento dei fatti,  il denaro rinvenuto in occasione di simili perquisizioni potrebbe non necessariamente essere il profitto del reato contestato, laddove il capo di imputazione preveda la condotta di detenzione con finalità di spaccio e non il diverso reato di cessione di sostanza stupefacente.

Se, infatti, la somma rinvenuta nella disponibilità dell’imputato non costituisce il profitto del reato in contestazione ma di altre, pregresse, condotte illecite di cessione di droga, verrebbe a mancare il nesso tra il reato ascritto all’imputato e la somma di danaro rinvenuta nella sua disponibilità.

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